Questo significa dare risposte articolate a problemi che non sono solo numerici, che investono il destino delle genti di montagna nella sua interezza.
Per quanto riguarda il portato dell'esperienza trentina: ci viene detto che noi possiamo fare certe scelte perchè abbiamo le risorse. Ci invitano anche di considerare che il contesto generale è cambiato. In verità, come Autonomie di Trento e Bolzano una riflessione l'abbiamo fatta da tempo. Sul piano finanziario, osservo che dai 9/10 delle nostre entrate fiscali, con cui abbiamo sempre gestito tutte le competenze che altrove vengono gestite dallo Stato, in virtù dei meccanismi dell'Autonomia, siamo passati negli ultimi anni a 7 decimi e mezzo, con competenze nel frattempo aumentate. Questo è stato il nostro contributo di risanamento del debito pubblico del Paese, in un'ottica di responsabilità, ma senza rinunciare alle nostre prerogative autonomistiche.
Noi crediamo in un'Autonomia adulta, che ha tanto da dare. Crediamo in un modello che se bene utilizzato può contribuire a far fare all'Italia quel salto in avanti che tutti auspichiamo. l'Autonomia è sinonimo di responsabilità, si inscrive entro un orizzonte riformista e solidale, non ha nulla a che fare con la chiusura, con la difesa di prerogative del passato dalle minacce esterne, è esattamente il contrario".
Dal presidente Rossi anche un richiamo al prossimo tema del Festival dell'Economia di Trento, i luoghi della crescita. "Non è indifferente dove la crescita si realizza, e se essa si realizza nel contesto dell'economia globale o se è anche un prodotto della capacità dei popoli di autogovernarsi". Infine, un richiamo alla riforma costituzionale che sta avanzando, e che pone "la necessità della semplificazione, della snellezza. Ma vorrei richiamare la vostra attenzione sull'articolo 116 della Costituzione, rimasto inattuato dalla riforma del Titolo V del 2001: inattuato da tutte le regioni italiane tranne in parte dalla Lombardia. Nessuna regione ha accettato la sfida di asumersi delle competenze per gestirle in maniera migliore rispetto a quanto non faccia il governo centrale. Questa è la sfida che le Autonomie devono accettare".
"Lo spopolamento non è irreversibile se i territori riescono a fare sistema", ha chiosato a sua volta il dirigente generale della Provincia, Paolo Nicoletti. Di nuovo, il tema è quello della frammentazione del suo superamento, nonchè della creazione delle condizioni per uno sviluppo sostenibile ed equilibrato.
All'evento sono intervenuti: Stefano Fantacone, direttore Cer, Gianfranco Cerea, Università di Trento, Mauro Marcantoni, direttore tsm, Luca Mercalli, metereologo e climatologo, Ludovica Agrò, Agenzia coesione e sviluppo, Annibale Salsa, Fondazione Dolomiti Unesco, Enrico Borghi, presidente dell'Intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna.
Il rapporto
L’altitudine in Italia può cambiare il destino di una comunità. A parlare sono i numeri: dal 1951 a oggi, la montagna è stata vittima di spopolamento e abbandono. Se la popolazione italiana negli ultimi 60 anni è cresciuta di circa 12 milioni di persone infatti, la montagna ne ha perse circa 900mila. Tutta la crescita, in pratica, si è concentrata su pianura (8,8 milioni di residenti) e collina (circa 4 milioni). Lo spopolamento della montagna ha però una vistosa eccezione in due regioni: in Trentino-Alto Adige e in Valle d’Aosta.
In queste due regioni,non solo lo spopolamento non c’è stato, ma addirittura, negli ultimi 60 anni, si è registrata una crescita della popolazione, anche in valori assoluti (nel Trentino-Alto Adige del 41% e della Valle d’Aosta del 36%). A mettere in luce questo fenomeno è il rapporto “La montagna perduta. Come la pianura ha condizionato lo sviluppo italiano” realizzato da CER (Centro Europa Ricerche) e tsm-Trentino School of Management, che raccoglie molte statistiche dal 1951 agli anni più recenti sull’andamento della popolazione, dell’economia e delle infrastrutture, nelle varie regioni italiane.
La ricerca, presentata oggi a Roma, al Senato, è stata realizzata da un gruppo di lavoro composto da Gianfranco Cerea, Stefano Fantacone, Petya Garalova, Mauro Marcantoni e Antonio Preiti.