Don Marco è stato protagonista di una delle serate della rassegna “Una montagna di cultura…la cultura in montagna”, organizzata dall’associazione Pontedilegno-MirellaCultura, alla Sala Paradiso del Centro Congressi Mirella.
Per due ore, il sacerdote veneto ha tenuto inchiodato il pubblico raccontando se stesso, la sua scelta, a poco più di dieci anni, di “essere non un ragazzo normale ma un ragazzo felice, che poi è diventato non un uomo normale ma un uomo felice e poi ancora non un prete normale ma un prete felice”, il suo approccio con la prima parrocchia, la ricerca di giovani per portarli a pregare (“come? Andando nelle piazze di Padova, incuneandosi fra loro, sparando cazzate come facevano loro”, da qui il soprannome di ‘don Spritz’), la sofferenza di tre anni di studio a Roma fra troppi volumi per i suoi gusti (lì è nata la parrocchia virtuale Sullastradadiemmaus.it, l’esperienza del carcere a contatto con parrocchiani certamente particolari (“ci entriamo disarmati, impotenti”) e, infine, lo straordinario rapporto nato con Papa Francesco, di cui esalta “il realismo, la capacità di stare sempre con i piedi per terra” e soprattutto “una umanità travolgente”.
Dalla conversazione con il Pontefice su Tv2000 è nato il libro “Quando pregate dite: Padre Nostro”, a cui don Marco adesso ha fatto seguire “Il contrario di mio” (presentato nell’ occasione), lettura dissacrante e profonda del Pater. Una collaborazione destinata a continuare con l’Ave Maria ma che poggia su solide basi. “Quando stai con questo Papa – ha detto don Pozza - senti di stare con un uomo che ha una frequentazione quotidiana con Dio e poi hai la certezza che in quel momento esisti solo tu”.
Applausi convinti, botta e risposta finale e alcune affermazioni destinate a far riflettere come “io sono felice di essere prete ma non sono sicuro di morire prete. Ci spero e basta. Nella vita non bisogna avere certezze, speranze sì”.