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Il part-time fra luci e ombre: la situazione in Trentino

I dati dell'Agenzia del lavoro

Trento - Nato nei paesi del Nord Europa per favorire la partecipazione delle donne al mondo del lavoro, lo strumento del part-time ha evidenziato negli anni alcune criticità che hanno penalizzato proprio la componente femminile. Il tema è stato al centro oggi in Regione di un seminario dal titolo “Il Part-time fra luci e ombre” promosso da Agenzia del Lavoro, con TSM - Trentino School of Management, nell’ambito delle attività di TSM-LaReS, il Laboratorio Relazioni di Lavoro e Sindacali che svolge da anni un’importante e strategica attività di formazione per lo sviluppo delle competenze professionali di quanti in Trentino operano nell’ambito delle relazioni di lavoro.

Il presidente di TSM, Francesco Barone, ha sottolineato come i dati sull'occupazione nel 2024 siano ampiamente positivi seppur negli ultimi vent’anni in Italia vi sia stata una crescita di impieghi a tempo parziale, passati dal 12,4% del 2004 al 17,6% del 2023 e ad un aumento, tra questi, del numero di part time involontari, imposti da motivazioni varie, come la necessità di svolgere attività di cura nella propria vita privata o dalla indisponibilità dell’azienda a proporre contratti a tempo pieno per ragioni economiche o organizzative. "Questo significa - ha spiegato Barone - che le donne lavoratrici, che come dimostrano i dati ricorrono in misura tre volte superiore al part-time rispetto agli uomini, avranno meno opportunità di sviluppo professionale e un reddito più basso con una conseguente inferiore contribuzione previdenziale. Il part-time - ha concluso Barone - non può essere sostitutivo di altri strumenti di conciliazione perché altrimenti sì contrarrebbe ingiustamente il diritto al lavoro e a una retribuzione dignitosa e il primo comma dell'articolo 37 della nostra Costituzione - “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore - resterebbe lettera morta".

Nel corso del seminario, Stefania Terlizzi, dirigente generale di Agenzia del Lavoro, ha spiegato come in Trentino lavorino a tempo parziale il 38,6% delle donne occupate e il 5,3% degli uomini, una percentuale tra le più alte in Italia e fortemente segnata dal divario di genere. Nel 2023 erano 42.938 le lavoratrici a tempo parziale in Trentino contro 7.009 lavoratori. Il 12,7% del totale delle occupate lavora con un part-time involontario, contro il 2,7% degli uomini. Il tempo dedicato al lavoro domestico grava più sulle donne (occupate) e condiziona la loro occupazione. L’ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha evidenziato che in Italia le donne svolgerebbero 5 ore e 5 minuti di lavoro non retribuito di assistenza e cura al giorno, mentre gli uomini un’ora e 48 minuti. Il forte divario di genere persiste nel lavoro e nelle retribuzioni, anche in un momento di buona dinamica del mercato del lavoro provinciale. Le difficoltà di conciliazione spiegano una buona parte delle disparità occupazionali a scapito delle donne. L’organizzazione aziendale in molti casi non è in grado di rispondere alle esigenze di conciliazione delle lavoratrici.

La professoressa Barbara Poggio, prorettrice con delega alle politiche di equità e diversità dell’Università di Trento, ha poi illustrato i dati di una recente ricerca realizzata dall’Università per conto di Agenzia per la coesione sociale. “Per lungo tempo - ha spiegato Barbara Poggio - il part-time è stato considerato come l’unica risposta possibile alle necessità di conciliazione.
Ma in realtà non sempre questa è la soluzione migliore. Il Trentino, insieme all’Alto Adige, è tra i territori dove si registra un più alto utilizzo di part time”.

Il part-time non si distribuisce in modo omogeneo in tutti gli ambiti lavorativi ed è spesso più presente in settori del terziario, dalla grande distribuzione ai lavori di cura, a bassa qualificazione. Solitamente è associato a posizioni lavorative medio-basse: difficile trovarlo in ruoli apicali e di responsabilità.

“La possibilità di lavorare meno ore al giorno, magari per conciliare l’attività lavorativa con i carichi familiari - ha detto la professoressa Poggio - ha dei costi rilevanti in termini di minori opportunità di sviluppo professionale. Di fatto, attraverso questo strumento, si consente alle donne di fare le “funambole” tra il lavoro e la famiglia, senza mettere in discussione i modelli di divisione dei ruoli di genere che attribuiscono principalmente alle donne la responsabilità dei carichi di cura nelle famiglie. È evidente, inoltre, che chi lavora meno ore ha minori contributi versati e quindi alla fine del percorso lavorativo si ritrova con una pensione più bassa. Su questi aspetti - ha sottolineato la Poggio - non c’è abbastanza consapevolezza. Un altro tema emergente è quello del part-time involontario. Sempre più spesso sono le aziende a imporre questa modalità, soprattutto nel settore del commercio o dei servizi di cura. Il fenomeno degli squilibri di genere nel mercato del lavoro è un fenomeno estremamente complesso. Non ci sono soluzioni uniche - ha concluso Barbara Poggio - quello che serve è creare una serie di strumenti che abbiano un impatto sulle scelte individuali, sulle culture organizzative, sulle politiche pubbliche e sulle normative”.

In Trentino, il numero delle madri che si sono dimesse a seguito della maternità cresce nel tempo: nel 2022, dopo la pandemia, il numero delle dimissioni autorizzate dal Servizio lavoro provinciale si è attestato sulle 580 unità, denotando un forte aumento rispetto alle 304 del 2016.

Isabella Speziali, di Agenzia del Lavoro, presentando i dati di un’indagine realizzata sulle donne che hanno lasciato il lavoro nel 2021, ha evidenziato che solo il 3% lo ha fatto liberamente per dedicarsi ai figli. Per il 68,3% delle donne intervistate le dimissioni sono una scelta obbligata. Oltre un terzo delle intervistate (36,7%) segnala determinanti ascrivibili a questioni di orario di lavoro.

Riccardo Salomone, presidente di Agenzia del Lavoro. ha moderato una tavola rotonda alla quale hanno partecipato Marilena Guerra, presidente della Commissione provinciale pari opportunità, Giulia Comper, della Federazione trentina delle cooperative, Maria Cristina Giovannini del Comitato imprenditoria femminile della Camera di Commercio, Manuela Faggioni della Cgil e Gabriella Berloffa dell'Università di Trento.

Nelle sue conclusioni, Salomone ha ricordato come il seminario si inserisca nelle attività di LaRes, un'esperienza decennale di collaborazione fra Agenzia del Lavoro e TSM che "abbiamo voluto rinforzare attraverso un innesto significativo di risorse e con una programmazione strategica che accompagni, attraverso le attività di formazione, le politiche del lavoro che la Provincia mette in campo, tenendo alta l'attenzione sui problemi reali. Per contrastare le problematiche legate al part-time - ha aggiunto Salomone - servono politiche di ampio raggio, non limitate alla dimensione del rapporto lavorativo. Servono politiche di conciliazione, ma anche politiche economiche che correggano le criticità introdotte dallo sviluppo del lavoro a tempo parziale".



Ultimo aggiornamento: 23/01/2025 23:07:28
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