Trento - L’omelia dell’arcivescovo di Trento Lauro Tisi nella Messa di apertura del Giubileo in Diocesi, celebrata nel pomeriggio, nella chiesa di San Francesco Saverio, nel capoluogo, dove è partita la processione verso la Cattedrale (foto credit Zotta), lungo via Belenzani, al seguito della grande croce in legno realizzata dagli studenti del secondo anno di falegnameria della scuola professionale di Tesero. Ad accompagnare la croce, circa trecento giovani che hanno raggiunto Trento da tutta la Diocesi già nella giornata di ieri, per vivere un primo pellegrinaggio all’insegna della fraternità e per comprendere insieme al meglio il senso dell’Anno Santo, che avrà al centro la riscoperta della speranza.
L'omelia del vescovo Tisi
"Anno Santo è l’anno che si apre davanti a noi. Non “anno magico”, ma “Anno Santo”. Come Maria e Giuseppe, pur nello smarrimento e nell’angoscia di quest’ora segnata da guerre, ingiustizie planetarie, violenza diffusa, compresa quella contro il creato, siamo invitati a cercare nei volti degli uomini e delle donne del nostro tempo l’umanità di Gesù.
Percorrendo a ritroso la storia cristiana vediamo come essa nasca per effetto di una folgorazione. In un preciso punto della storia, un gruppo di uomini e donne affranti e impauriti per la morte del Maestro, lo incontrano vivo, risorto: si riaccende la luce. Nell’angoscia di Maria, che dura tre giorni, vi è un anticipo del dramma pasquale.
La folgorazione di allora può diventare la nostra e anche la vostra, cari ragazzi e ragazze, che oggi con la vostra presenza rendete più bello e gioioso l’inizio dell’anno giubilare. Un grazie davvero particolare lo voglio riservare ai giovani falegnami della Scuola di Formazione di Tesero che in questi mesi hanno sognato, ideato e realizzato, con il legno di Vaia, la Croce che abbiamo portato in cattedrale e sarà pellegrina nelle comunità della nostra diocesi.
In voi cari giovani intravvedo la presenza dello stupore e della meraviglia che non è mai venuta meno in Maria e Giuseppe, nemmeno nel momento drammatico dello smarrimento di Gesù. Stupirsi e meravigliarsi è il contrario di dare tutto per scontato, è la disponibilità alla novità, ad aprirsi agli altri.
Quando vi incontro ritrovo sempre in voi questi tratti bellissimi.
A tutti voi e a tutte le comunità della Diocesi, come vescovo, sento di non avere altro da consegnare se non il volto di Gesù, la sua umanità che non smette di affascinarmi, di scaldarmi il cuore, di regalarmi speranza.
Non mi stancherò di dirlo: Gesù ha dimostrato di essere veramente Dio mostrando come si può essere veramente uomini. Cari giovani, Gesù ha i tratti e i lineamenti che voi cercate negli amici e nelle amiche: mantiene la parola, non ti scarica quando sbagli, è interessato e ascolta le tue parole, lavora per darti spazio e farti grande, non ha nessun imbarazzo nell’indossare il grembiule e mettersi a tuo servizio, non cerca visibilità, ama gratis, perdona tutto e sempre, offre la vita per il nemico, non conosce odio e vendetta. Vivere così è davvero un bel vivere.
Lungo quest’Anno giubilare vorrei che tutte le nostre comunità, Vangelo alla mano, come Maria frequentassero e custodissero nel cuore la splendida umanità di Gesù “in cui abita corporalmente la pienezza della divinità”. (Col. 2,9) Pienezza di Dio che può diventare la nostra vita grazie al formidabile dono dell’Eucaristia. Ancora una volta invito le comunità a interrogarsi sulla qualità delle nostre celebrazioni, a farle diventare davvero un convocarsi comunitario, dove si respira incontro, gioia, accoglienza.
Tipico dell’Anno giubilare è il lasciar riposare la terra e la remissione del debito. Maria donna del silenzio accompagni la nostra quotidianità per far riposare le nostre parole liberandole dall’aggressività e dalla fretta che spesso le abita, per far decollare il dialogo.
Diamo tregua ai nostri pensieri e sentimenti, spesso impegnati in una gara asfissiante con tutto e con tutti per stare davanti, privati della gioia dell’immaginare insieme con gli altri il nostro futuro. Diamo riposo alle nostre mani spesso indaffarate a puntare il dito e ad arraffare, per liberare invece abbracci, incontro, presa in carico.
Infine, riconosciamo con serenità, la presenza in noi del bisogno di essere perdonati e riconciliati, per realizzare il sogno di una Chiesa che, anziché esibire sé stessa, racconta che le è stata usata misericordia.
Percorrendo queste strade potremmo contribuire a far sì che le nostre comunità diventino comunità vocazionali, dove torna la gioia di mettersi a disposizione dell’annuncio del Vangelo, riscoprendo la bellezza di sposarsi nel Signore, contribuire a costruire la comunità con l’annuncio della Parola e dei Sacramenti come presbiteri, far assaporare la forza del Regno nella vita religiosa, spalancare le porte alla destinazione universale dei beni e alla fraternità universale grazie alla scelta missionaria. Buon Anno Santo".