Trento - La provincia di Trento si posiziona al 40° posto nella classifica nazionale delle retribuzioni medie lorde mensili del settore privato, con uno stipendio di 1.726 euro, secondo l'analisi condotta dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre sui dati Ines del 2023.
Una posizione che colloca Trento a metà classifica tra le province del Nord Italia, ben distante dalle cifre record di Milano (2.642 euro) e Monza-Brianza (2.218 euro).
“I dati Inps sulle retribuzioni nel 2023 elaborati dalla Cgia di Mestre confermano quello che andiamo dicendo ormai da anni: senza un maggiore investimento da parte delle aziende locali nell’innovazione tecnologica, senza un rafforzamento del settore industriale e dei servizi evoluti alle imprese e senza una scommessa forte sulla contrattazione territoriale e aziendale i differenziali retributivi tra il Trentino e le altre regioni del nord non si ridurranno facilmente.
Se la nostra provincia è addirittura 40esima per retribuzioni medie mensili dietro non solo alle aree metropolitane, da Milano a Roma, ma anche alla maggior parte delle province del Piemonte, della Lombardia, dell’Emilia e del Friuli il motivo è uno solo: la mancata espansione dei settori economici più dinamici e innovativi nei quali è più diffusa la contrattazione decentrata", sostengono i sindacati del Trentino.
"La manovra finanziaria approvata dal Consiglio provinciale rappresenta un’occasione mancata per invertire questa pericolosa tendenza, sia perché non è stato adottato un piano per il rilancio dell’industria, sia perché non si è voluta usare in modo selettivo la leva fiscale degli sgravi Irap per rafforzare la contrattazione territoriale e aziendale. Su questa prospettiva il Governo trentino infatti non ha voluto seguire l’esempio della Giunta Kompatscher.
Resta quindi ancora più decisivo che le imprese trentine di tutti i settori non si tirino indietro rispetto alle loro responsabilità. Crediamo che, come accade già da anni in Alto Adige, anche da noi si debba rafforzare la contrattazione territoriale per ridurre gli effetti di un carovita che, su beni primari come casa ed energia, penalizza sempre di più le lavoratrici ed i lavoratori trentini e rende meno attrattive le nostre aziende”m concludono i sindacati.