Trento - Protesta dei
metalmeccanici per il
contratto. Adesione alta allo sciopero in tutta la provincia: circa
700 tute blu in corteo. Sindacati:
"Con il loro lavoro questi dipendenti difendono l’industria trentina e italiana". Priorità riaprire il confronto.

Rumorosi, colorati e determinati. Erano almeno
700 le metalmeccaniche e i metalmeccanici trentini che questa mattina hanno partecipato al lungo corteo con in testa lo striscione di
Fiom, Fim e Uil del
Trentino. Tutti uniti per un’unica rivendicazione: il rinnovo del contratto nazionale, scaduto a
dicembre 2024. Oggi le tute blu si sono fermate in Trentino come in tutta Italia. In provincia l’adesione alla protesta, nei reparti produttivi, è stata altissima. Alla Siemens Energy, alla Sapes, alla Meccanica del Sarca e alla Omr di Rovereto, alla Coster l’adesione è stata totale.
Molto bene anche alla Dana di Arco e Rovereto, alla Sandvik, alla Covet, alla Mahle, Zf, al Cup, alla Opt di Calliano, alla Fly, alla Sata, alla Smith dove l’adesione è stata tra il 70 e il 90% in produzione con punte anche oltre il 95%.
E’ il terzo sciopero dall’inizio dell’anno e, come ha assicurato Maurizio Oreggia della Fiom nazionale, la protesta non si fermerà fino a quando non si arriverà alla riapertura dei tavoli negoziali con Federmeccanica, Assistal e Unionmeccanica (controparte datoriale per la piccola industria), che fino a questo momento non hanno dimostrato nessuna concreta intenzione di confronto. Fiom, Fim e Uilm chiedono un aumento contrattuale di 280 euro (livello C3), misure di contrasto alla precarietà, riduzione dell’orario di lavoro, maggiore tutela dei lavoratori impiegati negli appalti, incentivo alla contrattazione di secondo livello.
Anche oggi i tre segretari provinciali di Fiom, Fim e Uilm, Michele Guarda, Paolo Cagol e Willy Moser, hanno ribadito la centralità del contratto nazionale e hanno sottolineato che quella dei metalmeccanici è una protesta per il riconoscimento della dignità del loro lavoro. “Non c’è crisi né congiuntura che impedisca alle imprese di riconoscere il giusto valore del lavoro. Resta inaccettabile la posizione delle imprese che vorrebbero limitarsi solo ad un recupero, parziale e molto a posteriori, della perdita del potere d'acquisto dei salari registrata nell'anno precedente, per effetto dell'aumento dei prezzi al consumo. Accettare la proposta delle imprese vorrebbe dire programmare col contratto nazionale l'abbassamento dei salari reali".