Trento - Modifiche allo Statuto, tre sì in VI Commissione. Arriva il parere favorevole della
Sesta Commissione in merito al disegno di legge costituzionale che prevede la modificazione dello
Statuto speciale del T
rentino-Alto Adige/Südtirol. La Commissione, presieduta da
Walter Kaswalder, si è riunita oggi con le consultazioni di
Fabio Scalet, già presidente della Commissione dei dodici e
Matteo Cosulich, docente ordinario di diritto dell’Università degli studi di Trento. Sotto la lente il testo di modifica tra luci e ombre. Scalet:
“La modifica dello Statuto va salutata molto positivamente, al netto di alcuni auspicabili affinamenti”. Cosulich: “
Il ddl non è ancora stato depositato alla Camere, quindi ci può essere spazio per il recepimento di eventuali osservazioni”.

Il docente di diritto mette però in guardia:
“La revisione è opportuna, ma non è detto che sarà sufficiente. Occorre lavorare su una maggiore sensibilizzazione della classe giuridica italiana. Se ai giudici della Corte Costituzionale mancherà una sensibilità alla Specialità, non ci sarà Statuto che tenga”.
I dubbi in sei punti del
Pd. Il gruppo consiliare teme che nelle "ombre" possano annidarsi in via interpretativa rischi degenerativi. Presente in Commissione anche il presidente della Provincia autonoma di Trento,
Maurizio Fugatti. A rispondere ai dubbi della minoranza,
Valeria Placidi, dirigente generale del Dipartimento Affari e relazioni Istituzionali della Provincia autonoma di Trento:
“La giurisprudenza costituzionale negativa c’è stata perché ci sono state molte impugnative”. È fondamentale lavorare sulla riduzione del contenzioso e trovare armonizzazione tra leggi statali e provinciali”. Alberto Pace, dirigente Umse rapporti istituzionali Stato-Regioni, dice:
“Con queste modifiche, si va a rompere un meccanismo anche solo terminologico, in un punto di caduta negoziale”.
Il testo di modifica passa con tre voti favorevoli e la non partecipazione al voto della minoranza.
Francesco Valduga spiega
: “Prendiamo atto di questa evoluzione sulla revisione dello Statuto. Nel metodo ci prendiamo ancora del tempo per condividere e metabolizzarne i contenuti”. I prossimi step con la discussione della modifica dello Statuto sono lunedì 5 maggio in Terza Commissione Regionale e in aula martedì 6 maggio, quando si riunirà il Consiglio Provinciale.
Le audizioni
Fabio Scalet, già presidente della Commissione dei dodici, ha ripercorso i contenuti della sua relazione (vedi documento allegato), partendo dalla genesi e dall'evoluzione del testo di modifica in esame. Scalet ha quindi riconosciuto che l’accelerazione sulle attribuzioni di competenze assicurata dalla legge costituzionale di modifica dello Statuto va salutata molto positivamente, al netto di alcuni auspicabili affinamenti. Il disegno di legge, dice Scalet, non si configura come un “terzo Statuto” né sotto il profilo formale né sotto l’aspetto dei suoi limitati contenuti.
Tra le ombre spicca l’assenza di un meccanismo o di un protocollo procedurale in grado di regolare e/o superare l’attuale portata delle c.d. materie o funzioni trasversali. “Probabilmente nessuna definizione generale dei parametri di cui all’alinea dell’art. 4 dello Statuto è in grado, da sola, di assicurare un confine chiaro e invalicabile per l’esercizio delle rispettive competenze legislative delle Autonomie del Trentino-Alto Adige/Südtirol e dello Stato”. Per Scalet le materie e le funzioni trasversali scrutinate in modo dinamico dalla Corte costituzionale rappresentano un campo in cui la mobilità e l’incertezza dei confini competenziali generano un permanente contenzioso.
“La norma di attuazione delimita le sfere di esercizio delle competenze e delle prerogative statali e quelle della Regione e delle Province autonome, in pari tempo agevolando lo scrutinio della Corte costituzionale”. Insomma per Scalet le norme di attuazione rimangono strumento importante per cinturare la portata dei limiti di competenza della Provincia. Ancora, ricorda il già presidente della Commissione dei dodici, una realistica ed oggettiva procedura di intesa per la modifica/revisione dello Statuto non può prescindere da una relazione pattizia tra Stato ed Autonomia, in assenza della quale non può che scaturire la decadenza della proposta di modifica/revisione. Scalet ricorda la formula di approvazione, avanzata dal Tavolo Bressa del 2015, in cui si prevedeva, in mancanza dell’intesa sul testo condiviso, il non luogo alla votazione da parte delle Camere. Il testo attuale prevede invece che le Camere potranno ugualmente approvare il testo a maggioranza assoluta, “fermo restando i livelli di autonomia già riconosciuti”. Non c’è quindi bilateralità. E ancora, Scalet si sofferma nel coinvolgimento della Commissione dei 6 e dei 12 nel 2023 e delle proposte al testo integrative e migliorative.
“Modifica o adeguamento? - dice - L’obiettivo di fondo è un aggiornamento anche del “catalogo” delle competenze, dei paletti delle competenze, della riqualificazione delle materie concorrenti, con un occhio all’Autonomia differenziata delle Regioni ordinarie e all'ancoraggio internazionale dello Statuto”. Altri temi: l’ordinamento finanziario, il rafforzamento dell’Euregio, il tema energetico per riqualificare bacini e centrali idroelettriche e le comunità energetiche. Positivo il giudizio sulle materie di competenza: “Si tratta sicuramente di un salto”, dice Scalet, con alcune precisazioni tecniche: in merito a lavori e servizi pubblici, manca il termine della “regolazione” dei servizi. Notevole passo in avanti invece per la gestione della fauna selvatica.
Mirko Bisesti (Lega) - In merito all'approccio alle norme di attuazione, come far sì che la Commissione dei 12 abbia un ruolo più efficace?
Risposta Scalet - L'interazione con le amministrazione statali non è facile, serve interloquire in modo intenso e chiaro. I contenuti vanno spiegati bene, specie dinanzi a una filosofia omologante e centralistica. Serve spiegare gli antefatti, il contesto, l'esercizio. Serve tenere vive le nomine dei membri della Commissione, che vanno consolidate per 4/5 anni. Vanno definiti i tempi delle procedure.
Nel suo intervento, Matteo Cosulich ha poi rilevato che le osservazioni alla revisione statutaria potranno tecnicamente trovare attenzione. “Il ddl - dice - non è ancora stato depositato alla Camere, “quindi ci può essere spazio per il recepimento di eventuali osservazioni dei Consigli provinciali e regionale”.
“Ci possono essere vari livelli di revisione dello Statuto, certo in questo caso non possiamo parlare di un adeguamento. C’è un’attualizzazione dello Statuto scritto rispetto allo Statuto vivente, nel tentativo di recuperare le competenze erose dalla Corte Costituzionale”. Il docente va poi nei dettagli: “Se si considera il testo non c’è il ribaltamento della presunzione di competenza legislativa; non si introduce espressamente il principio di sussidiarietà; il Consiglio delle Autonomie Locali non è previsto da questo disegno statutario. L’adeguamento in senso proprio si ha soltanto nei confronti della Corte Costituzionale”. Insomma per Cosulich non si aprono “praterie di competenze”. E ancora l’interrogativo: “Il tentativo di recuperare le competenze erose sarà efficace e sufficiente?”. La risposta arriva chiara, partendo dalla riflessione che a interpretare il testo sarà sempre la Corte Costituzionale. “La revisione è opportuna, ma non è detto che sarà sufficiente. Credo che occorra lavorare su una maggiore sensibilizzazione della classe giuridica italiana”. In sostanza: se ai giudici della Corte Costituzionale mancherà una sensibilità alla Specialità, per Cosulich, “non ci sarà Statuto che tenga”. Positivo il giudizio sulle competenze estese. In merito al tema dell’intesa, il professore nota uno slittamento semantico tra significante e significato. “E’ stato introdotto il termine intesa, ma non c’è tanto un’intesa. C’è un’intesa debole perché è superabile. Non c’è spazio per attività concertative”.
Francesca Parolari (Pd) – La consigliera, che nel documento qui allegato articola alcune riserve e quesiti, in Commissione ha chiesto quanto hanno inciso le normative europee nel parere della Corte costituzionale, nel delineare il perimetro delle leggi provinciali.
Cosulich: “Il diritto europeo è stato utilizzato in una funzione di comprensione dell’Autonomia, ma raramente la Corte basa le sentenze solo in una prospettiva di uniformazione. Ci sono degli strumenti che vanno a sensibilizzare al rispetto delle Autonomie, ma non è semplice perché l’Unione Europea ha uno sguardo generale”.
Francesca Parolari (Pd) - Il mantenimento del limite “degli interessi nazionali” può essere un grimaldello?
Cosulich: Anche se si cancellasse dal testo questo termine, la Corte Costituzionale lo applicherebbe come “interesse prevalente”. Lo Stato lo può portare avanti anche se non è scritto nello Statuto.
L’intervento della Provincia
Presente in Commissione anche il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti. A rispondere ai dubbi della minoranza, Valeria Placidi, dirigente generale del Dipartimento Affari e relazioni Istituzionali della Provincia autonoma e Alberto Pace, dirigente Umse rapporti istituzionali Stato-Regioni.
Placidi ha spiegato che la riforma del titolo V della Costituzione ha sì eroso le competenze, ma il diritto europeo non è stato preponderante. “Il problema non è nato dal diritto europeo, ma dalla lettura delle normative e dei codici. La giurisprudenza costituzionale negativa c’è stata perché ci sono state molte impugnative”. Quindi che fare? “È fondamentale lavorare sulla riduzione del contenzioso e trovare armonizzazione tra leggi statali e provinciali. Un’armonizzazione che va rafforzata in una norma di attuazione, non in una legge ordinaria”. E ancora Pace: “Con questo Statuto si va a rompere un meccanismo anche solo terminologico, in un punto di caduta negoziale”.