Merano (Bolzano) - Dalle prime luci dell’alba, i
finanzieri del comando provinciale di
Bolzano, con la collaborazione di altri Reparti del Corpo delle province di Roma, Ancona, Grosseto, Novara, Padova e Milano, stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 9 soggetti, indiziati dei reati di associazione a delinquere, finalizzata alla
frode fiscale, al
riciclaggio e all
’autoriciclaggio.
Le indagini, condotte sotto la direzione della
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano ed eseguite dai
finanzieri della Compagnia di
Merano, iniziate nel febbraio del 2023, hanno riguardato l’operatività di un
gruppo criminale trans-nazionale, composto prevalentemente da cittadini britannici e irlandesi e diretto da un italiano, già gravato da precedenti, dedito alle cosiddette “
truffe dell’asfalto”.
Il meccanismo truffaldino, così strutturato e diffuso in tutta Europa da avere una pagina dedicata sul sito WikipediA, che ha danneggiato numerosi soggetti privati e piccoli imprenditori altoatesini, si sostanziava nel presentarsi presso abitazioni e aziende del posto per offrire, a bassissimo costo, lavori di asfaltatura di piazzali, strade private e aree parcheggio.
Per giustificare il
prezzo altamente concorrenziale, gli indagati – descritti da numerose vittime come persone dall’aspetto distinto e con uno spiccato accento anglosassone – affermavano di aver appena ultimato analoghi lavori di posa del catrame in cantieri situati nelle immediate vicinanze dell’impresa o dell’abitazione di turno, spesso in esecuzione di appalti banditi da enti locali e di avere, quindi, l’immediata disponibilità di maestranze e di materiale che, diversamente, avrebbero dovuto smaltire, perché eccedente quello utilizzato per i lavori appena ultimati.
Allettate dalla vantaggiosa offerta ed ingannate dalla circostanza che in prossimità della loro attività erano spesso effettivamente in corso dei lavori pubblici, tuttavia affidati a ditte assolutamente estranee alla truffa, numerose vittime hanno dato il via libera all’esecuzione dell’asfaltatura, anche accettando – contrariamente ad ogni prassi commerciale – di corrispondere il prezzo concordato in via anticipata o, comunque, immediatamente dopo l’avvenuta posa del bitume.
Concluso l’accordo e ottenuto il pagamento, i referenti dell’associazione davano il via libera agli operai, che intervenivano presso il committente ed eseguivano, in tutta fretta e spesso nell’arco di poche ore, i lavori.
In alcune circostanze, gli investigatori della
Guardia di finanza hanno accertato che gli indagati hanno eseguito lavori ulteriori rispetto a quelli concordati, per applicare un sovrapprezzo rispetto alle pattuizioni iniziali, pretendendone il pagamento dietro la minaccia di azioni legali. La prospettiva di un contenzioso dissuadeva da ogni contestazione le vittime che, per di evitarne i costi, si vedevano costrette a pagare le somme richieste.
Quell’asfalto, di infima qualità, si sgretolava nel giro di pochi giorni, un tempo – tuttavia – sufficiente a consentire alla banda di far perdere le proprie tracce, così impedendo qualsiasi possibilità di contestare delle opere eseguite ed il recupero delle somme pagate.
Per impedire qualsivoglia tentativo di ottenere un risarcimento, gli indagati hanno creato, nel breve volgere di tre anni, ben nove differenti ditte individuali “apri e chiudi” cui, di volta in volta, sono stati ricondotti i contratti stipulati, le fatture ed i rapporti di conto corrente sui quali venivano eseguiti i pagamenti.
Tali ditte individuali hanno sistematicamente omesso l’adempimento degli obblighi di dichiarazione, circostanza che ha consentito al sodalizio criminoso di incamerare profitti illeciti stimati in oltre 9 milioni di euro sistematicamente veicolati su conti correnti esteri, in relazione ai quali l’autorità giudiziaria ha disposto il sequestro.