Trento - "Carcere di Trento: a fare le spese del naufragio del progetto è il personale, Si verificano ormai con frequenza regolare episodi di violenza e a farne le spese innanzitutto è il personale, sottoposto a rischi, stress e minacce".
Il
consigliere provinciale Filippo Degasperi (Onda) ha presentato un'interrogazione in Consiglio provinciale: "L’iniziale prospettiva per l’istituto di Spini - scrive il
consigliere provinciale Degasperi - era quella di replicare il modello del carcere di Bollate, caratterizzato dalla cosiddetta “reclusione attenuata”, dove l’aspetto punitivo e quello rieducativo, nelle intenzioni, si sviluppano in maniera personalizzata con detenuti scelti che studiano e lavorano. Su queste basi era nato il carcere di Trento, con una
capienza di
245 persone.
La cronaca conferma, purtroppo, che l’idea originaria è da tempo superata.
Dal 2015 circa, a Trento si sono iniziati a trasferire i detenuti senza alcun rifermenti al progetto complessivo. Addirittura gli autori di danni altrove arrivano a Trento. Sono state aperte pure due sezioni per i cosiddetti “protetti”. Lo stravolgimento del modello di partenza fa sì che le modalità gestionali/operative (rimaste inalterate) si palesino come inadeguate".
Progettato sulla base di un disegno che prevedeva controlli blandi, a distanza, per mezzo di telecamere e dell’elettronica, il carcere di Trento ha perso tutti gli spunti originali. Oltre ad avere un numero di ospiti che supera di parecchio i 300 rispetto ai 245 previsti, il cambio di modello ha aggravato la già cronica carenza di personale. Un conto infatti è gestire una struttura “aperta”, altro una tradizionale, con aperture e sezioni chiuse gestite manualmente. Come detto, i primi a subire l’inadeguatezza del modello sono gli agenti, ma anche i detenuti pagano lo scotto di un progetto che sembra ormai naufragato. Eppure l’impegno del personale è massimo e a testimoniarlo (anche se non sono mai nominati) i tanti ospiti colpiti da malori salvati dal personale".