Domenica delle Palme, omelia vescovo Cantoni
14/04/2025 10:00
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Con la Domenica delle Palme ha inizio la Settimana Santa, che porterà alla celebrazione del Triduo, il cui culmine sono la Veglia Pasquale e la Domenica di Risurrezione. La mattina del 13 aprile la pioggia non ha permesso lo svolgimento della processione delle Palme dalla basilica di San Fedele alla Cattedrale. La Commemorazione dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme si è svolta all’interno del Duomo. Qui di seguito riportiamo l’omelia del Vescovo, dopo la proclamazione del Vangelo di Luca, con il racconto della Passione.
Abbiamo ascoltato con attenzione commossa la vibrante narrazione della passione del Signore. Emerge immediatamente alla nostra sensibilità l’umiltà e la mitezza del cuore di Gesù, insieme a una incondizionata fiducia in Dio suo padre.
Papa Francesco nella sua ultima enciclica Dilexit nos (33) ci ha ricordato che “Il modo in cui Cristo ci ama è qualcosa che Egli non ha voluto troppo spiegarci. Lo ha dimostrato nei suoi gesti”.
Cristo, soprattutto nella sua passione, dimostra che Dio suo Padre è vicinanza, compassione e tenerezza. Ce lo ha abbondantemente rivelato non con complicati ragionamenti, ma con gesti e parole, lasciandocelo intravvedere attraverso il suo cuore di carne, centro privilegiato del suo amore insieme divino e umano. E così ci ha narrato Dio.
Nella narrazione della Passione, Gesù continua ad amare i suoi amici, gli apostoli, nonostante i tradimenti e l’abbandono.
Davanti a quanti lo accusavano di essere un sobillatore politico, Gesù non si difende, ma tace. Egli fa di un ladrone, che si trova per caso accanto a lui con la stessa condanna, il primo e sicuro santo, con immediato ingresso in paradiso.
È un Dio fragile, che non alza la voce. “Era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori” (Is 53,7). Un Dio che muore scusando i suoi persecutori: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. È un Dio che lascia perplessi anche i ben pensanti di oggi, che scandalizza, perché perfino troppo debole, in tutto simile a noi, fuorché nel peccato.
Sì. Il nostro Dio è così fragile da morire. Lui sa che il trionfo definitivo sarà della vita risorta, quella che esplode, nonostante il masso del sepolcro sigillato, nonostante i soldati di guardia. Quello stesso amore, che lo ha reso così fragile, proprio nel suo amore umano, fino al dono totale di sé, rende manifesto il suo amore divino, permettendoci di scoprire così “l’infinito nel finito” (Benedetto XVI).
“La risurrezione del Signore è la nostra speranza”. (Sant’Agostino).
Oscar card. CANTONI
Ultimo aggiornamento:
13/04/2025 19:15:56