Andalo (Trento) - Cosa vuol dire per noi accoglienza? Cosa ci spinge ad essere ospitali? Possiamo garantire che l’accoglienza turistica non sia solo un atto di convenienza economica, ma un’autentica espressione di generosità e rispetto verso il turista?
Sono alcune delle domande che hanno animato, ad
Andalo, un vivace e
innovativo confronto tra una
cinquantina di
operatori turistici dell’altopiano della
Paganella. Dall’albergatore al ristoratore, dal negoziante al rifugista. Nella Casa della gioventù, radunati a piccoli gruppi attorno a più tavoli con la formula del work-café, accolgono tra loro anche l’arcivescovo Lauro, in una nuova tappa della sua ritmata Visita pastorale.
Monsignor Tisi passa di tavolo in tavolo, prende appunti, sottolinea, rilancia. E infine chiosa:
“Un turismo dal volto umano è l’unico che può avere futuro”.
In sala prevale un generale apprezzamento per l’innovativa proposta stimolata da un piccolo gruppo regia, guidato dal parroco di
Andalo e
Molveno don Daniel Romagnuolo e da
Pamela Zorzi, albergatrice di
Molveno. Il confronto è giudicato da tutti “costruttivo”, “arricchente”, “divertente”, come “mai era capitato prima”.
“Stupore” è la parola chiave usata nella sintesi finale da don Lauro. “Siete abituati – aggiunge – a un impegno lavorativo importante, senza orario, eppure ai tavoli non ho sentito parlare di affari o conti, ma del fatto che nel vostro lavoro è decisiva la relazione”.
Le domande incrociano anche il tema della religiosità, quando i partecipanti alla grande tavola rotonda si chiedono: cos’è per noi la spiritualità e in che modo si riflette sul lavoro?
“Avete interpretato – sintetizza monsignor Tisi – la spiritualità non come la possibilità o meno di andare a Messa, ma come un modo di abitare l’umano delle relazioni. Questa è la spiritualità: intraprendere relazioni non solo operativo-materiali ma dove si interagisce con il volto degli altri. Sapere che la vita non passa da quello che produci e da quello che hai ma dai volti che incontri: questa è spiritualità”.
L’Arcivescovo sottolinea poi una dimensione chiave dell’offerta turistica dell’Altopiano, a misura di famiglia. “Qui le famiglie trovano casa, anche perché tanti di voi hanno una gestione a dimensione familiare. E questo vi caratterizza e fa la differenza rispetto alle grandi catene alberghiere che confezionano un’altra offerta turistica”.
Tra i tavoli, accanto al sindaco di Andalo Alberto Perli, anche il Delegato dell’Area Testimonianza e impegno sociale della Diocesi don Mauro Leonardelli, il vicario della Zona pastorale don Giulio Viviani e il parroco di Cavedago, Fai e Spormaggiore don Massimiliano Detassis.
Prima del congedo, c’è spazio anche per la lettura di un brano di Vangelo, con l’episodio raccontato dall’evangelista Marco: Gesù guarisce malati e indemoniati, ma si ritira anche a pregare, isolandosi dalle folle che lo acclamano e lo cercano.
“Questa pagina - commenta monsignor Tisi - ci insegna l’arte della relazione. Gesù non si ‘bruciava’ tutta la giornata: stava tra la gente ma si prendeva anche del tempo per staccare. Una lezione per noi, contro la sindrome dell’onnipotenza: non si può correre dietro a tutti e se ogni tanto si stacca la spina, si migliora la relazione. Anche nel contesto turistico”.
“Alla fine – conclude monsignor Tisi visibilmente soddisfatto –, ci tirerà fuori dalle secche la dimensione del servizio. Per voi significa ad esempio ascoltarvi, fare gioco di squadra, resistere alle tensioni in nome del confronto e della comunione. E continuare a credere che un turismo dal volto umano è l’unico turismo del futuro. Ogni altra forma di turismo non ha scampo”.