Trento - Primi patteggiamenti nell'inchiesta sui tamponi falsi del centro autorizzato di Pergine. Nell'inchiesta condotta dal Pm Davide Ognibene erano rimaste coinvolte 87 persone. L'accusa: corruzione e falso in atto pubblico.
Nell'udienza preliminare davanti al giudice Enrico Borrelli tre imputati hanno patteggiato 5 mesi e 10 giorni, pena sospesa.
Secondo le ricostruzioni della Procura di Trento i tre si sarebbero rivolti al centro per ottenere il cosiddetto green pass, certificando quindi esiti falsi o risultati di tamponi Covid mai eseguiti che venivano inseriti direttamente nella piattaforma informatica sanitaria nazionale.
Le indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale di Trento, con intercettazioni telefoniche e ambientali, avevano scoperto un sistema ben strutturato nato dalla intuizione imprenditoriale del principale indagato - un infermiere di Civezzano - che ha saputo sfruttare al massimo la situazione emergenziale.
In numerosi casi l'infermiere ha provveduto a certificare la positività al Covid 19 senza effettuare il tampone, bensì limitandosi a inserire i dati del cliente rilevabili dalle fotografie delle tessere sanitarie inviategli tramite whatsapp. La fama del centro si è diffuso ben oltre il Trentino, numerosi sono gli indagati residenti in Alto Adige e addirittura vi è chi avvalendosi della intermediazione di altre persone ha fatto ricorso alle prestazioni del famigerato centro direttamente dal Piemonte, senza mettere piede a Pergine Valsugana.
Nonostante la maggioranza degli 87 clienti avessero versato mille euro a testa, come risarcimento nei confronti dell'Azienda sanitaria - che dopo essersi costituita parte civile ha chiesto una somma pari a 107 mila euro in totale - a tirarsi indietro erano stati i dipendenti nel pubblico.
Nella prossima udienza altri indagati finiranno davanti al Gup.
Ultimo aggiornamento:
27/11/2024 08:52:47