Trento - L’associazione Via Pacis, fondata da Paolo ed Eliana Maino insieme a
don Domenico Pincelli, è da
45 anni impegnata nella
promozione della pace, della
solidarietà e della
giustizia nel mondo. Con progetti che spaziano dall’educazione alla sanità, dall’empowerment delle donne alla dignità dei più poveri, ha raggiunto più di cento paesi, con un’attenzione particolare alle periferie del mondo e alle aree di conflitto. Una missione di speranza e cambiamento che si rispecchia in quella che
Luca Attanasio ha incarnato durante la sua vita e che continua a vivere attraverso i suoi genitori, che hanno scelto di testimoniare la sua storia e la sua dedizione alla pace. Da qui l’idea di questo ciclo di eventi.
"Luca Attanasio ha dato la sua vita per una missione che andava oltre la sua carriera diplomatica - ha spiegato Ruggero Zanon, presidente dell’associazione Via Pacis - nella sede in via Monte Baldo ad Arco, presenti anche il sindaco Alessandro Betta, la curatrice del ciclo di eventi Elena Bonometti e la responsabile della solidarietà internazionale Roberta Riccadonna- e alla cerimonia di conferimento dell Premio internazionale Nassiriya per la pace disse: “Cerchiamo, nel nostro piccolo, di ridisegnare il mondo”. Parole che sintetizzano il suo impegno quotidiano, sempre vissuto con passione e un profondo senso di giustizia. Credeva che la diplomazia dovesse essere al servizio delle persone, che la pace potesse essere costruita passo dopo passo, partendo dalle piccole cose. La sua morte non ha segnato la fine della sua missione, ma ha dato vita a un impegno ancora più forte da parte della sua famiglia, che oggi porta avanti ciò in cui Luca credeva. Una vita vissuta così non finisce con la morte, ma continua nel desiderio di chi crede che la pace, la giustizia e la solidarietà per poter vivere abbiano bisogno di persone che le incarnino. È questa anche la sfida raccolta da Via Pacis: cercare di vivere ogni giorno il Vangelo della pace nella propria quotidianità per essere goccia di speranza capace di arrivare ai confini del mondo attraverso parole di pace, relazioni significative, esperienze di perdono e progetti di solidarietà, creando legami di fraternità. Una testimonianza, quella di Luca Attanasio, che continua nelle parole dei genitori, che vivono per trasmettere la passione del figlio con particolare attenzione ai giovani".
"Attraverso questi incontri intendiamo raccontare la testimonianza di Luca - ha detto
Elena Bonometti- un esempio di vita ordinaria vissuta con straordinario impegno che ricorda a noi tutti che nessuno di noi salverà il mondo, ma che il mondo non si salverà senza di noi.
Un’attenzione particolare sarà riservata ai giovani: i signori Attanasio incontreranno più di mille studenti con assemblee di istituto al liceo Da Vinci di Trento, all’istituto Guetti di Tione e al Gardascuola di Arco".
Un convoglio del Programma alimentare mondiale che si trova nei pressi di Kibumba, non distante dal confine con il Ruanda, ed è diretto a Rutshuru, viene attaccato da un gruppo armato. Nello scontro a fuoco rimane gravemente ferito l’ambasciatore Luca Attanasio, quarantaseienne originario di Saronno, che muore poco dopo all’ospedale dell'Onu a Goma. Oltre al diplomatico, restano uccisi l'autista del convoglio, il congolese Mustapha Milambo, e il carabiniere della scorta, Vittorio Iacovacci, trentenne originario della provincia di Latina. La morte di Attanasio desta dolore e grandissima impressione: non è solo il un ambasciatore italiano ucciso nell'adempimento delle sue funzioni, ma soprattutto un uomo di pace, sensibile alle emergenze sociali del continente africano, impegnato nella difesa degli ultimi e attivo in molti programmi di aiuto promossi dalla Comunità di Sant'Egidio, al punto da aver meritato nel 2020 il Premio internazionale Nassiriya per la pace «per il suo impegno volto alla salvaguardia della pace tra i popoli». Da allora i genitori Alida e Salvatore mantengono viva la memoria sua e del suo impegno per la pace.
"Mi complimento per questa bella iniziativa - ha detto il sindaco Alessandro Betta - che porta all’attenzione del pubblico una esperienza di condivisione sul grande tema della pace, partendo da un atto di violenza che ha portato morte e dolore. L’ideale della pace, al quale purtroppo non tutti credono, è un concetto talmente alto che rischia di diventare un’utopia, come possiamo vedere tutti noi nella nostra quotidianità. In Congo delle persone che certo non sono costruttori di pace si sono presi la vita di Luca, ma non il suo sogno, il suo messaggio e il suo esempio, che continuano a vivere. I suoi genitori avrebbero potuto fare altro, invece hanno scelto di proseguono sul cammino del figlio, che per sapendo di rischiare la vita è andato fino in fondo. Bello, quindi, che anche noi possiamo dare il nostro contributo: per avere la pace occorre costruirla, a partire dalla quotidianità e anche con iniziative come questa. Essere costruttori di pace non è certo facile, ma se non ci lavoriamo la pace non ha alcuna possibilità. La testimonianza dei suo genitori sono certo sarà forte e capace di scuotere le coscienze, specie in questi tempi in cui in Europa i nostri sogni di pace sono stati infranti dalla guerra".
Ad Arco venerdì 29 novembre alle 20.30 al Centro internazionale Via Pacis (in via Monte Baldo 5), presente padre François Kangalo Kulongisa, cappellano dell’ospedale di Arco, originario della Repubblica Democratica del Congo e che ha conosciuto Luca durante il suo servizio (posti limitati, prenotazione obbligatoria su www.viapacis.info-ARCO).