Un incontro che ha abbracciato tutta la carriera di quello che "non è soltanto un tecnico di prestigio ma anche un manager competente, se è segretario di una federazione europea che raggruppa 53 paesi", come ha sottolineato Bertoletti.
IL RACCONTO - Gamba è partito da Mosca ("una vittoria che mi ha aperto una serie di prospettive e di opportunità, quando vinci un’Olimpiade non sei più un judoka ma sei uno sportivo in tutto e per tutto"), passando per Los Angeles ("ho perso la finale perché ho trovato un avversario più forte di me e quando perdi pensi a come prenderti la rivincita, a me è capitato un anno dopo ai campionati intercontinentali, anche se l’Olimpiade è un’altra cosa…"), fino al divorzio dalla Federazione italiana, di cui era stato tecnico fino al 2004. Un divorzio per divergenze di vedute su un progetto di scouting sui giovani ("c’è stata un po’ di miopia”), un progetto poi portato avanti con la Forza e Costanza di Brescia, la società in cui è cresciuto. E, infine, la seconda vita sportiva, con la Russia, reduce dal flop di Pechino. Per averlo come tecnico, gli hanno dato carta bianca e lui li ha ripagati portando la squadra ai tre ori olimpici di Londra, grazie ad un lavoro che è anche figlio “della disponibilità assoluta degli atleti, frutto di una mentalità che porta chi fa sport ad alto livello ad acquisire un valore aggiunto”. E ha mostrato le immagini dell’ultima medaglia di quei Giochi, con un Vladimir Putin felicissimo fra i suoi atleti. Già, Putin. Non potevano mancare domande sul presidente russo, judoka appassionato e praticante: “Putin ha una disponibilità eccezionale nei nostri confronti, conosce tutti gli atleti, nome per nome. E’ vero che è il suo sport ma è anche vero che è disponibile con tutte le altre discipline". 
Oggi, Ezio Gamba in Russia è un personaggio di primo piano, un anno fa ha avuto il passaporto russo, quindi ha la doppia cittadinanza. A Brescia torna tre-quattro giorni al mese, ci sono la moglie Luisa e i figli (Giacomo è un promettente judoka) e c’è un legame affettivo che nessuna città della grande Russia potrà mai affievolire. Ma tutto parte da quell’estate 1980, quell’oro olimpico: "In ogni regione della Russia, tutte le interviste cominciano inevitabilmente dalle Olimpiadi di Mosca perché ho vinto in quei Giochi disputati in casa".